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In aumento i ragazzi che si trasferiscono a Buenos Aires, richiamati dal dinamismo sociale del Cono Sud. Pesa la crisi europea. Ma il desiderio di cambiamento conta di più.
Buenos Aires - Sono ancora cifre modeste, ma il nuovo flusso di italiani verso l'Argentina marca ormai una tendenza: 1.793 residenze permanenti e 1.021 soggiorni rinnovabili concessi tra gli anni 2004 e 2011, con una tendenza all'incremento. Non sono gli emigranti d'altri tempi: vanno via dall'Italia per la mancanza di stimoli, professionali e non solo. Giovani in maggioranza, un tratto comune è il richiamo che esercita su di loro il dinamismo sociale e politico degli eventi sudamericani contemporanei e il conseguente coinvolgimento con questa realtà. Sentiamo le loro voci sul perché sono partiti e cosa si aspettano dall'Argentina, sulla politica e i giovani nei due paesi, sul voto all'estero e l'incontro con la comunità emigrata italo-argentina.
Appena passata la crisi del 2001-2002, e accompagnando la fase di recupero iniziata subito dopo, abbiamo cominciato a percepire nuove presenze di italiani, soprattutto giovani, che optavano per insediarsi più o meno stabilmente in Argentina. Senza dubbio, si tratta per il momento di piccoli numeri, eppure alcuni dati confermano ormai la tendenza all'incremento.
Sarebbe molto fuorviante pensare che gli italiani hanno ripreso una delle strade principali dell'emigrazione storica. Piuttosto, partecipano e ne accompagnano un fenomeno che si è verificato negli ultimi anni, cioè l'attrazione subita da cittadini dei paesi del primo Mondo per la vita argentina e in particolare di Buenos Aires.
Alla scoperta dell'Argentina hanno contribuito diversi fattori, ma non c'è dubbio che la svalutazione che è seguita alla crisi e ha dato impulso all'industria del turismo, ha giocato un ruolo essenziale nella fase iniziale. Il potenziamento degli accordi di scambio di studenti con università degli Stati Uniti ed europee (Erasmus Mundus) ha modificato in poco tempo il paesaggio delle aule argentine e trasformato il mercato degli affittacamere delle principali città. Comunque non soltanto i giovani arrivano: anche pensionati o persone che vivono di rendite provenienti dall'Europa, e più ancora dagli Stati Uniti, si sono radicati nel paese attratti dalla vita sociale e culturale della città o dai paesaggi ancora vergini dell'interno.
In ogni modo, al di là dei motivi d'attrazione, è evidente che il fattore d'espulsione rappresentato dalla crisi europea ha cominciato a pesare almeno nel caso degli spagnoli, che hanno registrato una impennata di richieste negli ultimi anni e sono state, pertanto, oggetto dell'attenzione dei media.
La prima cosa che dovremmo dire è che quasi mai il fabbisogno di lavoro è il motivo principale di trasferimento in Argentina. In tutte le storie, la spinta nasce piuttosto da un desiderio di cambiamento, di mettersi a rischio, dalla percezione di una necessità di crescita e sviluppo personale che in Italia rimaneva insoddisfatta. "La vera ragione per la quale sono rimasta era il poter respirare un'altra aria, che in Italia non incontravo; ho trovato uno spazio mio, non solo lavorativo, ma anche di crescita interiore, ho incontrato degli ambiti di speranza, di voglia di fare, per connettermi con una dimensione mia personale come non riuscivo a fare a Napoli", afferma Vanessa, riflettendo sulle ragioni per cui è rimasta a vivere in Argentina da ormai più di una decade.
Lorenzo, arrivato un anno fa, cerca anche di spiegare i suoi motivi: "Non sono venuto per l'amore o per un lavoro, per incoscienza forse… Io volevo andare via dall'Italia prima di tutto: volevo dare una svolta, stimoli che non avevo… Non sono fuggito da Berlusconi, anche se ho le mie idee chiare su questo. Sicuramente è colpa di tutto il sistema, ma io volevo andare via per una cosa personale, non è una rivincita e sento che ho avuto ragione".
Per Maddalena è anche una "questione di carattere, è una questione personale per dire: rischio qualcosa e vado? Non perché uno abbia più talento di un altro, ma perché uno ha fatto il proprio percorso personale e decide. Non è tanto per andare a cercare una situazione migliore o per una questione economica. Uno dice: ho voglia di fare quella cosa lì, so che ho una vita sola da spendere e mi assumo il rischio". "Viaggiare perché sono arrivata a un punto della vita, sia personale che professionale, che mi permetteva di guardare più in là del mio naso", afferma Gioia, una delle ultime arrivate.
Senza dubbio l'esperienza del viaggio come crescita e conquista della libertà è nell' immaginario di chiunque parta da casa. Questo non significa comunque che il lavoro non sia presente nei motivi, tuttavia, più che come problema di disoccupazione, nella forma di insoddisfazione sulle possibilità di sviluppo professionale o di disgusto per le condizioni lavorative italiane.
E' sorprendente verificare che praticamente tutti i nostri intervistati avevano un'occupazione in Italia dalla quale si sono licenziati per partire; in alcuni casi, per di più, si trattava di posizioni relativamente stabili.
Le condizioni offerte nel mercato del lavoro italiano per la sua professione, sono state un fattore chiaro d'espulsione per Luciano Blengino, un laureato in Lingue straniere con specializzazioni per l'insegnamento dell'italiano agli stranieri, arrivato alla fine del 2011: "In qualsiasi tipo di lavoro che ho fatto, i lavori ben pagati erano sempre lavori saltuari, ad esempio traduzioni di un mese, ma poi non c'erano contratti fissi. Ho lavorato facendo il cameriere o l'aiuto cuoco senza un contratto, visto che mi piace anche cucinare, perché non è vero che gli italiani certi lavori non li fanno … Con le leggi di mobilità del lavoro non c'è mai una sicurezza, un contratto fisso, tutto si fa 'a progetto' e una volta che finisce il progetto puoi stare cinque mesi senza lavorare. Sinceramente non volevo continuare così e ho avuto una possibilità qui in Argentina, quindi ho deciso di venire in Argentina e mollare tutto in Italia.(…) I miei amici, che hanno fatto lo stesso percorso, almeno il 50% stanno all'estero per insegnare italiano. Per tutti noi l'obiettivo era andare all'estero perché in Italia troviamo tutte le porte chiuse, qui invece ci sono molti più stimoli".
Dott. Fabio Troglia
fabio.troglia@gmail.com
www.lamiaeconomia.com
Scrivimi a : fabio.troglia@gmail.com oppure contattami al 0110437179
Bye bye Italia, welcome Argentina!
Buenos Aires - Sono ancora cifre modeste, ma il nuovo flusso di italiani verso l'Argentina marca ormai una tendenza: 1.793 residenze permanenti e 1.021 soggiorni rinnovabili concessi tra gli anni 2004 e 2011, con una tendenza all'incremento. Non sono gli emigranti d'altri tempi: vanno via dall'Italia per la mancanza di stimoli, professionali e non solo. Giovani in maggioranza, un tratto comune è il richiamo che esercita su di loro il dinamismo sociale e politico degli eventi sudamericani contemporanei e il conseguente coinvolgimento con questa realtà. Sentiamo le loro voci sul perché sono partiti e cosa si aspettano dall'Argentina, sulla politica e i giovani nei due paesi, sul voto all'estero e l'incontro con la comunità emigrata italo-argentina.
Appena passata la crisi del 2001-2002, e accompagnando la fase di recupero iniziata subito dopo, abbiamo cominciato a percepire nuove presenze di italiani, soprattutto giovani, che optavano per insediarsi più o meno stabilmente in Argentina. Senza dubbio, si tratta per il momento di piccoli numeri, eppure alcuni dati confermano ormai la tendenza all'incremento.
Sarebbe molto fuorviante pensare che gli italiani hanno ripreso una delle strade principali dell'emigrazione storica. Piuttosto, partecipano e ne accompagnano un fenomeno che si è verificato negli ultimi anni, cioè l'attrazione subita da cittadini dei paesi del primo Mondo per la vita argentina e in particolare di Buenos Aires.
Alla scoperta dell'Argentina hanno contribuito diversi fattori, ma non c'è dubbio che la svalutazione che è seguita alla crisi e ha dato impulso all'industria del turismo, ha giocato un ruolo essenziale nella fase iniziale. Il potenziamento degli accordi di scambio di studenti con università degli Stati Uniti ed europee (Erasmus Mundus) ha modificato in poco tempo il paesaggio delle aule argentine e trasformato il mercato degli affittacamere delle principali città. Comunque non soltanto i giovani arrivano: anche pensionati o persone che vivono di rendite provenienti dall'Europa, e più ancora dagli Stati Uniti, si sono radicati nel paese attratti dalla vita sociale e culturale della città o dai paesaggi ancora vergini dell'interno.
In ogni modo, al di là dei motivi d'attrazione, è evidente che il fattore d'espulsione rappresentato dalla crisi europea ha cominciato a pesare almeno nel caso degli spagnoli, che hanno registrato una impennata di richieste negli ultimi anni e sono state, pertanto, oggetto dell'attenzione dei media.
La prima cosa che dovremmo dire è che quasi mai il fabbisogno di lavoro è il motivo principale di trasferimento in Argentina. In tutte le storie, la spinta nasce piuttosto da un desiderio di cambiamento, di mettersi a rischio, dalla percezione di una necessità di crescita e sviluppo personale che in Italia rimaneva insoddisfatta. "La vera ragione per la quale sono rimasta era il poter respirare un'altra aria, che in Italia non incontravo; ho trovato uno spazio mio, non solo lavorativo, ma anche di crescita interiore, ho incontrato degli ambiti di speranza, di voglia di fare, per connettermi con una dimensione mia personale come non riuscivo a fare a Napoli", afferma Vanessa, riflettendo sulle ragioni per cui è rimasta a vivere in Argentina da ormai più di una decade.
Lorenzo, arrivato un anno fa, cerca anche di spiegare i suoi motivi: "Non sono venuto per l'amore o per un lavoro, per incoscienza forse… Io volevo andare via dall'Italia prima di tutto: volevo dare una svolta, stimoli che non avevo… Non sono fuggito da Berlusconi, anche se ho le mie idee chiare su questo. Sicuramente è colpa di tutto il sistema, ma io volevo andare via per una cosa personale, non è una rivincita e sento che ho avuto ragione".
Per Maddalena è anche una "questione di carattere, è una questione personale per dire: rischio qualcosa e vado? Non perché uno abbia più talento di un altro, ma perché uno ha fatto il proprio percorso personale e decide. Non è tanto per andare a cercare una situazione migliore o per una questione economica. Uno dice: ho voglia di fare quella cosa lì, so che ho una vita sola da spendere e mi assumo il rischio". "Viaggiare perché sono arrivata a un punto della vita, sia personale che professionale, che mi permetteva di guardare più in là del mio naso", afferma Gioia, una delle ultime arrivate.
Senza dubbio l'esperienza del viaggio come crescita e conquista della libertà è nell' immaginario di chiunque parta da casa. Questo non significa comunque che il lavoro non sia presente nei motivi, tuttavia, più che come problema di disoccupazione, nella forma di insoddisfazione sulle possibilità di sviluppo professionale o di disgusto per le condizioni lavorative italiane.
E' sorprendente verificare che praticamente tutti i nostri intervistati avevano un'occupazione in Italia dalla quale si sono licenziati per partire; in alcuni casi, per di più, si trattava di posizioni relativamente stabili.
Le condizioni offerte nel mercato del lavoro italiano per la sua professione, sono state un fattore chiaro d'espulsione per Luciano Blengino, un laureato in Lingue straniere con specializzazioni per l'insegnamento dell'italiano agli stranieri, arrivato alla fine del 2011: "In qualsiasi tipo di lavoro che ho fatto, i lavori ben pagati erano sempre lavori saltuari, ad esempio traduzioni di un mese, ma poi non c'erano contratti fissi. Ho lavorato facendo il cameriere o l'aiuto cuoco senza un contratto, visto che mi piace anche cucinare, perché non è vero che gli italiani certi lavori non li fanno … Con le leggi di mobilità del lavoro non c'è mai una sicurezza, un contratto fisso, tutto si fa 'a progetto' e una volta che finisce il progetto puoi stare cinque mesi senza lavorare. Sinceramente non volevo continuare così e ho avuto una possibilità qui in Argentina, quindi ho deciso di venire in Argentina e mollare tutto in Italia.(…) I miei amici, che hanno fatto lo stesso percorso, almeno il 50% stanno all'estero per insegnare italiano. Per tutti noi l'obiettivo era andare all'estero perché in Italia troviamo tutte le porte chiuse, qui invece ci sono molti più stimoli".
Fonte: Rassegna.it
Dott. Fabio Troglia
fabio.troglia@gmail.com
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http://www.lamiaeconomia.com/p/malta-la-casa-degli-italiani.html
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